ANNA MAGNANI
Biography
Il 26 Settembre 2003 ricorreva il trentesimo anniversario della morte di Anna Magnani.
La vogliamo ricordare su queste pagine non solo attraverso una asettica biografia, un elenco di date, di successi, di premi e di incontri con i grandi personaggi del cinema e della cultura ma anche attraverso un “empatico sentire” con ciò che questa straordinaria donna ci ha trasmesso attraverso il suo unico modo di fare cinema, attraverso il suo unico modo di essere. Vorremmo raccontarvi di lei semplicemente con passione, quella stessa passione che lei metteva in tutto ciò che faceva.
Anna fu donna dalla vita complicata, nata a Roma nel 1908 da padre ignoto, che cercherà di trovare inutilmente una volta cresciuta.
Dopo la sua nascita la madre l’affida alle cure della nonna che la crescerà come una figlia.
La nonna sarà una figura femminile di straordinaria importanza nella sua vita e sempre Anna la ricorderà con infinito affetto. Successivamente cercherà di recuperare il “contatto” con la madre andando sino ad Alessandria D’Egitto (da qui l’equivoco sul luogo della sua nascita) dove la madre si era trasferita quando Anna era ancora piccolissima per seguire quello che poi sarebbe diventato suo marito. Ma ogni tentativo di avvicinamento sarà vano; la madre era troppo presa dalla sua nuova famiglia per accorgersi dell’immenso bisogno d’affetto di Anna.
Dirà così di sè e della mancanza di affetto da parte della madre: “Ho capito che ero nata attrice.
Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno. Per tutta la vita ho urlato con tutta me stessa per questa lacrima, ho implorato questa carezza. Se oggi dovessi morire, sappiate che ci ho rinunciato. Ma mi ci sono voluti tanti anni, tanti errori”.
Tornata a Roma frequenterà la scuola di recitazione Eleonora Duse presso l’accademia di Santa Cecilia con Silvio D’Amico che dirà di lei “Ieri è venuta una ragazzina, piccola, mora, con gli occhi espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono affidate: è già un’attrice, la scuola non può insegnarle molto di più di quel che ha già dentro di sè.”. Con Dario Niccodemi fa la prima esperienza di “Teatro di Prosa” che la portò sui palcoscenici di tutta Italia. Poco dopo la sua partenza per la tournèe teatrale muore la nonna che l’aveva cresciuta con tanto affetto trasmettendole l’amore per il teatro e per la musica. Fu una perdita terribile che la rese ancora più forte e determinata ad affrontare una vita che tanti affetti le aveva già negato.
Dopo la prima esperienza teatrale approdò al cinema dei così detti “telefoni bianchi” definito in tal modo perchè l’idea del lusso e dello sfarzo erano espressi da immancabili telefoni bianchi posti in interni fintamente sfarzosi abitati da nobildonne e commendatori galanti. Già in queste piccole parti si intravedeva la grande attrice che abbiamo ammirato nei film del dopoguerra italiano, sembrava l’unica cosa “vera” in quella rappresentazione. Ma fu nel teatro che potè esprimersi al meglio recitando non solo in parti drammatiche ma molto spesso in parti comiche e melodrammatiche.
Nel 1935 sposa Goffredo Alessandrini, un regista teatrale con il quale visse una storia d’amore molto tormentata fatta di scenate di gelosia continue da parte di Anna e che culminò con la loro “separazione”. Spiegò così il suo rapporto con Alessandrini e con gli uomini che aveva incontrato “Il fatto è che le donne come me si attaccano soltanto agli uomini con una personalità superiore alla loro: e io non ho mai trovato un uomo con una personalità capace di minimizzare la mia.
Ho trovato sempre uomini, come definirli’ carucci.
Dio: si piange anche per quelli carucci, intendiamoci, ma sono lacrime di mezza lira. Incredibile a dirsi, il solo uomo per cui non ho pianto lacrime di mezza lira resta mio marito: Goffredo Alessandrini. L’unico, fra quanti ne ho conosciuti, che mi stimi senza riserve e al quale sia affezionata. Certo non furono rose e fiori anche con lui. Lo sposai che ero una ragazzina e finchè fui sua moglie ebbi più corna di un canestro di lumache”. Negli anni della seconda guerra mondiale ci fu l’incontro con Totò con il quale fece “Teatro di Rivista” girando per quattro anni nei teatri di tutta Italia.
Sempre di questi anni è uno degli incontri più importanti della sua vita, quello con Massimo Serato dal quale ebbe un figlio, Luca. Paradossalmente la nascita del figlio contribuì ad allontanarli.
Anna si trovò sola e la sua straordinaria forza la dovette trovare per affrontare la malattia del figlio Luca, colpito da poliomielite a soli tre anni. La carriera cinematografica, intanto, le regala una notevole occasione che le viene offerta da quello che sarà uno dei grandi amori della sua vita Roberto Rossellini con una parte importantissima per Anna e per tutto il cinema Italiano. L’occasione si chiamava “Roma, città aperta”: in maniera esemplare, drammatica e realista il film raccontava l’incubo dell’occupazione Nazista.
Anna è immensa nell’interpretare la figura di una donna del popolo, di una vita normale di sopravvivenza nella guerra, capace di un atto eroico finale. “Roma, città aperta” è anche il film simbolo del Neorealismo italiano, un movimento nato con questa opera di Rossellini e che durò pochi anni ma che condizionò non solo il cinema italiano ma anche quello mondiale. Il Neorealismo influenzò la storia cinematografica attraverso la riscoperta dell’Italia come patria comune, con un ottimistica fiducia anche se denunciava le miserie di un paese distrutto.
Fu un cinema che mostrava la verità senza raffinatezze tecniche, senza attori celebri, girando tutto in esterno, con opere che sembravano documenti, a volte, ricchi di poesia. Questa fu l’essenza del Neorealismo italiano. Migliore attrice femminile di questo cinema fu senza dubbio Anna Magnani. La sua interpretazione in “Roma, città aperta” con l’ultima scena in cui muore sotto i colpi delle mitragliatrici tedesche l’ha fatta entrare prepotentemente nei cuori degli italiani che hanno avuto l’onore di vederla recitare segnando una delle pagine più importante del cinema italiano e che si sono riconosciuti in quella “normale eroicità”. L’unione artistica e sentimentale con Rossellini durerà sino al ’48 e si interruppe con l’arrivo in Italia di Ingrid Bergman della quale Rossellini si innamorò. Per Anna di nuovo delusione e sconforto per una storia d’amore finita male; si dice anche che accettò di girare “Vulcano” solo come polemica risposta a Rossellini che stava girando in quello stesso periodo con la Bergman “Stromboli”.
L’incontro con Luchino Visconti, con il quale girò “Bellissima”, la porterà ad essere una attrice completa ed amatissima. Il ruolo della donna con lei diventa ricco di una umanità e di un realismo senza precedenti e ciò che sino ad allora era per la donna una caratteristica negativa diventava con lei punto di forza. Anna contribuisce a cambiare il modo di fare cinema; la sua spontanea e chiassosa risata è ancora con noi, l’associamo a quel volto fatto di vita vissuta, di occhiaie, di sofferenza e di gioie di una vita percorsa sino alla fine a viso aperto.
La consapevolezza delle proprie capacità la porterà verso una nuova sfida: Hollywood. Le fu proposto un film scritto apposta per lei da Tennessee Williams “La rosa tatuata”; l’interpretazione in questo film le valse l’Oscar, prima attrice italiana a conquistare l’ambita statuetta.
Fu ricandidata alla vittoria l’anno successivo con “Selvaggio è il vento”. Ritornata in Italia per la grande nostalgia di Roma e per stare accanto al figlio Luca, rifiutò di girare “La ciociara” l’interpretazione della quale fece vincere a Sofia Loren l’Oscar.
Successivamente ci fu un altro importante incontro professionale, quello con Pier Paolo Pasolini che la volle ad ogni costo per interpretare una prostituta che per amore del figlio cerca di redimersi in “Mamma Roma”. Pasolini riuscì a valorizzarla ancora di più e lei rese questo ruolo memorabile, mostrando ancora una volta quanto il modello femminile italiano dovesse identificarsi nell’intenso sguardo di questa grandissima attrice e al suo modo di rappresentare le drammatiche realtà della vita. Entrambi non furono soddisfatti della collaborazione. Pasolini disse che Anna era “troppo borghese” per rappresentare quella donna appartenente al ceto medio basso del proletariato romano ma disse anche della sua interpretazione queste parole: “Quasi emblema, ormai, l’urlo della Magnani sotto le ciocche disordinatamente assolute,risuona nelle disperate panoramiche, e nelle occhiaie vive e mute si addensa il senso della tragedia. E’ lì che si dissolve e si mutila il presente, e assorda il canto degli aedi”. Polemiche a parte il film è e rimane un capolavoro assoluto ed irripetibile del cinema italiano. Dopo qualche anno di inattività la Magnani approda alla TV per la quale girerà quattro film tra cui si ricorda la straordinaria interpretazione de “L’automobile”. L’ultima sua apparizione sul grande schermo è nel ’72 nel film di Federico Fellini “Roma”.
Anna parla con Fellini andando verso il portone della sua abitazione, si gira lo guarda e chiude il portone, regalandoci così, con semplicità, l’ultima grande interpretazione: se stessa.
Il 26 Settembre del 1973 Anna Magnani muore in una clinica romana, circondata dall’affetto del figlio Luca e dell’amico Roberto Rossellini che rimase al suo capezzale sino alla fine e che volle le sue spoglie al Verano nella tomba di famiglia. Fu circondata sino alla fine dall’affetto dell’Italia intera, innamorata di questa donna con la quale tutti avevano riso, pianto, della quale conoscevano le fragilità che lei non aveva paura di mostrare. L’Italia quel 26 Settembre del 1973 si fermò per renderle omaggio e nel seguire il feretro il pubblico fece un gesto senza precedenti: applaudì in quel grande vuoto e silenzio che Anna aveva lasciato.
Ciò che oggi più ci rattrista è che i figli di quella Italia l’abbiano dimenticata e che non le diano il posto e l’attenzione che le spetta di diritto per essere stata la più grande e per esserlo ancora.
gs
(Grazie a Chiara per la collaborazione).